La Corte costituzionale con la sentenza n. 33 ha dichiarato incostituzionale l’art. 29-bis, comma 1, della legge numero 184 del 1983, nella parte in cui non include le persone single fra coloro che possono adottare un minore straniero residente all’estero.
Il ragionamento della Corte è in piena adesione con l’evoluzione degli ultimi anni dell’ordinamento interno e delle Convenzioni sovranazionali. I giudici hanno evidenziato come il divieto di cui all’art. 29-bis violasse i diritti fondamentali delle persone di stato libero tenuto conto che le stesse sono state ritenute idonee ad assicurare un ambiente di crescita «stabile e armonioso» al bambino straniero in stato di abbandono, a prescindere dal fatto che abbiano un rapporto di coppia. Invero, secondo la Consulta, il contesto familiare idoneo non dovrebbe «necessariamente […] rinvenirsi nella struttura familiare composta da una coppia unita nel vincolo del matrimonio».
La sentenza della Corte costituzionale trae origine dalla vicenda di una donna single che, nel febbraio 2019, ha presentato al Tribunale per i Minorenni di Firenze dichiarazione di disponibilità a adottare un minore straniero. Il Tribunale, rilevando che la richiesta violasse l’art. 29-bis della legge n. 184 del 1983, ha chiesto alla Corte costituzionale di valutare se tale previsione fosse incostituzionale.
Per la Corte, il passaggio dell’art. 29-bis è in contrasto con gli articoli 2 e 117, comma 1, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che tutela il rispetto alla vita privata e familiare.
La disciplina dichiarata illegittima comprimeva in modo sproporzionato l’interesse dell’aspirante genitore, la cui richiesta di adozione non minerebbe in alcun modo, secondo quanto precisato dalla Consulta, i principi di «solidarietà sociale» e «tutela del minore» alla base dell’istituto dell’adozione. Va da sé che l’effettiva idoneità delle persone che richiederanno di ricorrere all’adozione, e la loro capacità di educare, istruire e mantenere il minore dovrà comunque essere valutata caso per caso dagli organi competenti, come è avvenuto sinora per le coppie sposate.
La sentenza si esprime solamente sulla possibilità per le persone single di adottare bambini stranieri. Prima facie apparirebbe una pronuncia discriminatoria; a ben vedere, la Corte non avrebbe potuto allargare il perimetro della sua decisione, tenuto conto che oggetto dell’ordinanza di rinvio del Tribunale di Firenze atteneva esclusivamente all’ambito dell’adozione internazionale.
È innegabile che questa pronuncia costituisca un precedente importante per una riforma del diritto di famiglia che si adegui sempre più all’evoluzione della società. In questo contesto, appare sempre più urgente una modifica complessiva del sistema delle adozioni, soprattutto in ambito nazionale, tenuto conto che, allo stato, i minori italiani non possono essere adottati da tutti i tipi di famiglie presenti nella società di oggi.