Con una recente pronuncia, il Tribunale di Milano si è espresso sulla ammissibilità o meno della revoca unilaterale del consenso alla separazione da parte di uno dei coniugi successivamente al deposito di un ricorso congiunto.
Il caso in questione ha ad oggetto la presentazione di un ricorso consensuale per separazione e divorzio da parte di due coniugi, con il quale erano stati concordati tutta una serie di aspetti (patrimoniali, relativi ai figli ecc.) legati ai rapporti familiari. Senonché, uno dei coniugi, nel termine previsto per il deposito delle note scritte ex art. 127-ter c.p.c., successivo al deposito del ricorso, ha dichiarato di non volersi più separare alle condizioni indicate nel ricorso.
Tuttavia, il Tribunale ha risolto la questione in modo negativo, omologando l’accordo alle condizioni precedentemente concordate tra i coniugi e dichiarando inammissibile l’istanza di revoca unilaterale del consenso.
La decisione è profondamente radicata nelle novità introdotte dalla Riforma Cartabia, che ha eliminato ogni differenza procedimentale in materia di separazione e divorzio congiunti.
Sul punto, il Tribunale ha avuto modo di chiarire che con il sistema attuale “[…] l’accordo intervenuto tra le parti, cristallizzato con il deposito del ricorso ex art. 473 bis c.p.c., ha natura meramente ricognitiva in ordine alla sussistenza dei presupposti per la pronuncia sullo status e ha natura negoziale in ordine alla scelta dell’iter processuale ed alle condizioni relative alla prole e ai rapporti economici, con conseguente inammissibilità di ripensamenti unilaterali, configurandosi […] il procedimento su domanda congiunta non già come somma di distinte domande di separazione/divorzio o come adesione di una delle parti alla domanda dell’altra, ma come iniziativa comune e paritetica, rinunciabile soltanto da parte di entrambi i coniugi”. Le eccezioni sono limitatissime e riguardano i casi in cui il consenso sia stato prestato in seguito a errore, inganno o violenza, o qualora il consenso stesso contrasti con le norme imperative o con l’interesse superiore della prole.
La parola “consenso” ha origine dal latino “consensus,” composto da “con-” (che significa “insieme”) e “sentire”. Quindi, “consensus” significa letteralmente “sentire insieme” o “accordo”, indicando l’idea di un’unione di opinioni o volontà. Questa decisione è significativa in quanto da rilievo proprio alla volontà comune delle parti coinvolte e valorizza la scelta condivisa, soprattutto in una materia delicata come quella della separazione dei coniugi, come espressione di autodeterminazione e responsabilità genitoriale.
** Trib. Milano sez. IX, 18 dicembre 2024**